Dopo il dramma dell'anziano, un quadro dell'indigenza
Tra mense e chiese
poveri sempre più soli
ANDREA BERTAGNI
Più che povero era solo. C’era soltanto un’infermiera che bussava ogni tanto alla porta del suo appartamento a Pregassona. Quello stesso appartamento dove l’uomo, 76 anni, recentemente è stato trovato morto ustionato. Il vizio del fumo gli è stato fatale. È solo l’ultimo dramma, anche questo consumatosi in silenzio. Come in silenzio si srotolano le difficoltà quotidiane di oltre 1.700 persone. Poveri, anzi precari, che da Lugano a Locarno, da Bellinzona a Mendrisio ogni settimana si mettono in fila per avere pane, uova, pasta e latte. Parecchie decine di migliaia sono quelle che ricevono una mano dallo Stato per coprire i costi dell’affitto, della cassa malati, della scuola o del dentista per i figli. A vivere sotto la soglia della povertà in Ticino sono in 60mila. E continuano ad aumentare. Come dimostra la crescita dei beneficiari dell’assistenza sociale, passati da 7.050 nel 2015 a 7.944 nel 2016. Ma raddoppiati, se si confrontano i dati di oggi con quelli del 2012. Un’esplosione silenziosa che tocca giovani, famiglie e anziani.
"Il costo della vita è aumentato, ma i salari no", dice Manuela Nünlist, direttice del Soccorso d’inverno ticinese. Risultato? Chi è in difficoltà fa fatica ad arrivare alla fine del mese e cerca sostegno. D’altronde il calcolo è presto fatto. "Una famiglia con un reddito di 4’500 franchi che deve sostenere un affitto di 2’000 e un costo della cassa malati di 1’000 - continua Nünlist - avrà ben poco denaro il 30 del mese". Ma, invece di correre ai ripari, si taglia. Tutto questo quando, secondo gli ultimi dati, il 31% della popolazione cantonale è a rischio povertà. Confrontate con stipendi bassi, contratti a tempo determinato e precarietà, sono soprattutto le famiglie monoparentali.
"Sono scioccato, non se ne discute abbastanza, eppure bisognerebbe guardare in faccia la realtà". Don Gianfranco Quadranti, sacerdote di Mendrisio, sa di cosa parla. "Sono più di 20 anni che durante la prima messa del mese raduniamo ogni sorta di generi alimentari. Tutti dovremmo impegnarci per risolvere questa situazione".
A cominciare dal settore cantonale dell’aiuto sociale. Un esempio? "Perché una famiglia di 2 persone deve trovare un affitto inferiore ai 1’200 franchi mensili per ricevere una prestazione sociale? Non è giusto". Eppure c’è chi a Berna, come i deputati alle Camere federali, in questi giorni sta decidendo di tagliare nelle prestazioni complementari delle casse malati. "Noi cerchiamo di fare quello che possiamo - osserva don Pierangelo Regazzi, arciprete di Bellinzona - non però solo attraverso aiuti a innaffiatoio, ma prendendo contatto con le persone che chiedono un sostegno e cercando di aiutarle concretamente".
Intanto le associazioni che si prendono cura dei più bisognosi sono sempre di meno. Quelle che rimangono tengono però duro come Tavolino magico e Caritas Ticino. "Nei nostri negozi entrano spesso persone che hanno difficoltà a comperare l’arredamento di casa - spiega Marco Fantoni, direttore di Caritas Ticino -. Le accogliamo nel nostro servizio sociale per approfondire la situazione e valutare come aiutarle".
an.b.
16.09.2018