Volti e voci di una Russia mentre guarda al suo passato
"La Rivoluzione
ci ha cambiati"
MARIA MICHELA D'ALESSANDRO DA MOSCA
L’uomo non ricorda il passato", recita un proverbio russo. È Olga, 40 anni, professoressa di filosofia della cultura, a citarlo. Si riferisce a quell’anniversario tanto snobbato dal Cremlino, quasi impaurito dalla storia e da chi la ricorda così per quello che è stata. Olga insegna a ragazzi tra i 16 e i 20 anni, "i giovani di oggi sono distratti, alcuni miei studenti spesso non sanno quasi nulla della storia della Russia e questo è un problema perché tra chi festeggia la rivoluzione c’è chi ha perso dei parenti; per me è una cosa incredibile ma non mi sento di giudicarli", spiega. Il risultato della rivoluzione nella famiglia di Olga è stato negativo e non lo nega a dirlo: la rivoluzione ha portato via il bisnonno, contadino più ricco degli altri, kulak in russo, ucciso perché considerato nemico dello stato. Il nonno dovette combattere nell’esercito dell’Unione Sovietica, l’ex Armata Rossa, e anche dopo la Seconda Guerra Mondiale, conclude Olga, non osava mai parlare di quell’Urss che odiava e che gli aveva ucciso il padre.
Eppure, conoscenze e vissuti diversi, riescono a rovesciare le emozioni che portano il ricordo della rivoluzione: Valentina, pensionata, è nata a Mosca nel 1926, nello stesso anno in cui fu firmato il Trattato di Berlino. La Germania e l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, istituita nel 1922, si promettevano neutralità e il mondo continuava a cambiare. Il 7 novembre di 91 anni dopo, gli occhi di Valentina brillano, è felice nel suo impermeabile del Partito Comunista della Federazione Russa, rosso come la bandierina che sventola. "La rivoluzione ha cambiato positivamente la storia della Russia. Io sono cresciuta proprio qui a Mosca e guarda, guarda come il capitalismo ha trasformato tutto", dice. Prima del discorso del leader del partito comunista Zjuganov, davanti a quella statua di Marx che il capitalismo non ha ancora portato via, Valentina indica il palco e sussurra, "Bello eh!"
Sull’altra faccia della medaglia c’è Andrey, 53enne analista di mercato. Seduto nell’ufficio che si affaccia su una delle sette sorelle di Stalin, mentre parla si capisce che nelle sue parole c’è studio, interesse e consapevolezza: "Allora veniva chiamata la Grande rivoluzione, non veniva considerata una rivolta, un complotto di un gruppo di rivoluzionari, bensì una svolta decisiva nella storia dell’umanità, per questo venivano organizzati grandi festeggiamenti in Piazza Rossa". E negli anni dell’università, anche Andrey vi partecipò, dovendo dimostrare la gioia di vivere in Unione Sovietica. Ed oggi? Il 7 novembre nessuno gli ha imposto di festeggiare e non lo ha fatto: "è facile dire che la rivoluzione sia stata positiva quando si vive nel capitalismo e nella democrazia. Io posso dire cosa vuol dire il vero comunismo e il vero socialismo e non mi piace", puntualizza sicuro Andrey.
L’ultimo volto guarda al cielo grigio di Mosca e sorride. Vladimir ha 15 anni e nella vita fa lo studente. L’anno scorso grazie ad un suo compagno di classe, si è unito al partito comunista dei giovani, l’ex Komsomol - l’Unione Comunista Leninista della Gioventù di tutta l’Unione. Per lui, vestito con gli abiti dell’epoca, la rivoluzione "ha cambiato il futuro ed il presente non soltanto della Russia. Lenin è riuscito ad influenzare molti altri Paesi". Il giovane Vladimir non nasconde che il consenso di Putin sia ancora molto forte oggi, ma è convinto che dopo di lui il partito comunista avrà una buona chance di tornare al potere.
Dopo Putin, appunto.
19.11.2017