Il piccolo schermo è diventato una presenza costante
La Tv s'è trasformata
in una buona maestra
MARINA CAPPA
Ci sono quelli che per disegnare il male raffigurano un drago con la mascherina, armato di siringa. Quelli che per settimane hanno colorato arcobaleni e scritto "Andrà tutto bene". E i più sfortunati che hanno assistito alle violenze subite da mamma (a volte da loro stessi), senza poter fuggire di casa.
Preservati in buona parte dal virus - i positivi under 20 sono 1,9% - i bambini non sono stati immuni ad altri "contagi". Se nella corsa alle donazioni molti si sono occupati di loro - dagli 800 giocattoli regalati in Italia da Discovery agli ospedali pediatrici, alle inziative per sfamarli di Terre des hommes - l’attenzione adesso si concentra sulle difficoltà psicologiche che hanno dovuto affrontare e che ancora li attendono.
Un aiuto arriva da quella che una volta era la "cattiva maestra", la televisione, e che in questi mesi è stata una presenza costante in famiglia, con programmi educativi e intrattenimento. De Agostini, editore dei canali per l’infanzia DeAKids e DeAJunior, ha commissionato la ricerca "Essere bambini ai tempi del Coronavirus", con interviste alla Generazione Alpha, i nati dopo il 2010. Cose che... nessuno ha il coraggio di dirti prima dei 10 anni, programma di DeAKids che si avvale di due psicoterapeuti, ha tenuto conto delle risposte e realizzato una puntata anche sulla morte, grande rimosso della nostra epoca con cui pure i più piccoli hanno dovuto fare i conti, dopo la scomparsa di tanti nonni. "I bambini cercano risposte, noi le diamo con personaggi che conoscono e un linguaggio comprensibile, distante da quello dei social che spesso creano confusione e sconforto", spiega il direttore dei canali Massimo Bruno.
Oltre che comprensibile, talvolta il linguaggio dei media è quasi vintage. "Piange il telefono", cantava Domenico Modugno: sostituita la cornetta con lo smartphone, ad asciugare lacrime infantili sono arrivate le Favole filosofiche o le Favole al telefono di Gianni Rodari, raccontate da attori a piccoli interlocutori. Più che "migliori", come molti avevano vaticinato, l’esperienza di questi mesi sembra aver reso nostalgici.
E questo vale anche per i figli del Duemila. Come osserva Bruno, "YouTube non ha sfondato, mentre la tv ha avuto una grande crescita: i bambini cercavano una guida e una ritualità quotidiana". La ritualità la dà il palinsesto, ma anche il dayparting, che accompagna momenti della giornata con attività diverse, dal tele-yoga del mattino alla lezione di inglese più tardi. Altrimenti, mentre le mamme e i papà si arrabattano in smart working (e ci si dovrebbe interrogare se per un bambino sia peggio che lavorino fuori durante la giornata, oppure la presenza-assenza di genitori che ci sono fisicamente ma non possono dar loro attenzione), i figli davanti alla tv perdono il senso del tempo, non sanno più che ora sia, né il giorno della settimana.
Ma adesso che i lockdown volgono a termine? Risponde Massimo Bruno: "Il desiderio più grande è stare fuori e vedere gli amici. Per questo, i nostri programmi virano su contenuti d’immaginazione e di condivisione. In questi mesi i bambini hanno usato moltissimo Zoom e WhatsApp, l’importante ora è lavorare sulla socialità". Sapendo che in un mondo in cui tutto sembra cambiato, qualcosa per il piccolo grande target è rimasto uguale: la passione (e paura) per l’ambiente.
17.05.2020